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Scheisse Admira

“Scheisse Admira, Scheisse Admira” cantavamo in curva insieme ai tifosi dell’Austria Vienna.

Ci trovavamo in quella fase adolescenziale dove sporcarsi la bocca di maleparole è una via per l’autoaffermazione e dire parolacce in coro in tedesco ci autoaffermava ancora di più.

L’incontro era Austria Vienna – Admira Wacker.

Avevamo 16 anni, Jig, Giamma, il Nero e io: 120 kg in 4.

Ci diedero un pomeriggio libero, il sabato, l’ultimo giorno della gita di terza liceo.

Decidiamo di andare a vedere una partita di calcio.

Arriviamo allo stadio, facciamo i biglietti e saliamo le gradinate posizionandoci nella curva dei tifosi di casa.

45 minuti di tifo ininterrotto con solo 3 cori ripetuti in loop che ci fecero scoprire la scarsa fantasia degli austriaci ad offendere le madri degli avversari. 

Tutto filava liscio o meglio tutto sembrava filare liscio.

Solo che … il Nero sfegatato tifoso interista sfoggiava sul suo bomber verde uno scudetto nerazzurro, che fortunatamente, e si capirà di seguito il perché, non riportava il nome della squadra milanese.

Non sapevamo che qualche tempo prima un tifoso austriaco Gerard Wanninger, venne accoltellato fuori dallo stadio Meazza all' uscita della partita Inter-Austria Vienna. Il tifoso accoltellato se la cavò ma da allora i tifosi viennesi erano intrisi d’odio per gli interisti e serbavano una voglia di vendetta mai sopita.

Ce ne accorgemmo all’intervallo quando scendemmo a prendere qualcosa al bar dello stadio e un capannello di ragazzi cominciò ad avvicinarsi a noi e a parlare tra loro guardandoci, soprattutto il bomber verde del Nero.

Il gruppo di tifosi diventava sempre più numeroso e cominciavamo a sentire la tensione nell’aria. Una tensione che non eravamo in grado di capire fino a quando un ragazzo con birra e panino con wurstel in mano si avvicinò e ci disse in italiano di dire al nostro amico di girare il bomber raccontandoci del perché stavamo attirando l’attenzione di un’intera curva e la storia di Gerard Wanninger l’accoltellato.

Prima che il Nero potesse girarsi il bomber e diventare un punto arancione in uno stadio, due ragazzi si avvicinarono e indicando lo scudetto gli chiesero: “Inter?”.  

Non so qual è il Dio o la Dea che ti assiste nei momenti di difficoltà e pericolo, so solo che era lì sia quando l’unico a parlare in italiano in uno stadio di 30mila persone ci suggerì il cambio di abbigliamento sia quando i due ragazzoni biondi nell’osservare il bomber - non potendo avere conferma data l’assenza del nome della squadra sul marchio come scritto sopra - si persuasero della mia risposta estemporanea alla loro domanda: 

”No non è l’Inter … è Atalanta”.

“Ah Atalanta Bergamish” i due ragazzoni biondi sorrisero e così la tensione si esaurì.

 La mia simpatia per l’Atalanta, per la Dea, così viene chiamata, nasce in quel momento.Potemmo così tornare a seguire il secondo tempo della partita con un hari-krishna vestito di arancione, che tornava ad offendere - in una lingua a lui sconosciuta - le madri dei tifosi avversari

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