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Nothing changes on New Years Day

Ho un buon rapporto con le parole. Ci deve essere da qualche parte del cervello un cassetto pronto ad aprirsi quando ne cerco una in particolare. O meglio, per dirla tutta, ci sono momenti in cui quel cassetto si apre facile e veloce mentre a volte va forzato e scassinato.

La fluidità del discorso interiore o proferito è legato allo stato mentale e fisico del momento. Se sono lucido parlo lucidamente e a ritmo se sono confuso parlo più piano e le parole arrancano e si confondono perdendo vigore.

Il buon rapporto coltivato negli anni con le parole, di cui scrivo, non è relativo alla capacità di ben parlare, non sta a me giudicare, ma di aver capito alcune di queste dinamiche.

Sulle parole ho costruito un'attività. Un ricettore di messaggi di altri trasformati in gioielli. Ho avuto la fortuna di essere stato testimone di alchimie notevoli, dove emozioni, caratteri, metallo e inchiostro si fondevano per dare vita a nuovi mezzi di comunicazione.

Parole come tatuaggi indelebili che ti si inchiostrano addosso e che richiamano l'attenzione in maniera più forte di altre. Come se le proprie verità si sentano ad una frequenza maggiore del vociare continuo e costante di sottofondo. Un po' quello che succede con le canzoni.

E a proposito di canzoni ad ogni vigilia di capodanno risuona spontaneamente nelle mie orecchie "New years Day" un brano del 1983 degli U2, contenuto nell'album War.

In particolare la strofa "Nothing changes on New year's day" tradotta in "Non cambia nulla a capodanno". Un inno poco speranzoso ma molto realista e pragmatico, qualità che gli anni iniettano sempre più nel sangue. Non le trovo amare le trovo riflessive. Se vogliamo danno la mano alle sempre poco usate : "Chi vive sperando, muore cagando" citate dal Sergente Lo Russo in una isoletta greca dell'Egeo che non conta un cazz...



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