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Il Senso di Colpa dei Contadini

Molti imprenditori non pianificano, lavorano di pancia senza un approccio strategico ai progetti. 

Si comportano come degli artisti ispirati e unti dallo Spirito Santo con la missione di fare, creare e … possibilmente incasinarsi la vita.

Analizzando alcune nuove iniziative intraprese da imprenditori con cui ho avuto modo di venire in contatto nell’ultimo anno, è facile comprenderne l’assoluta inutilità ai fini del proprio business, ma sembra per alcuni di loro che ogni idea che passa per la testa deve essere realizzata, altrimenti la noia è dietro l’angolo e le porte del purgatorio del “tempo non impegnato” si apriranno.

Suggerisco a tanti di loro di andar per mostre anche solo per questo motivo, avere degli interessi extra lavorativi permetterebbe di non identificarsi e realizzarsi solo con il lavoro e spremersi come limoni senza succo nelle proprie attività.

Diversi imprenditori sono vittime dell’azione inefficace, si devono sentire impegnati, fare fare fare …

Ma “fare, fare, fare” è una cosa, compiere azioni di valore per la propria azienda è un'altra.

Quando si è schiavi dell’abitudine ad agire o meglio ad essere affaccendati, lo stare fermi diventa un motivo per sentirsi in colpa. 

Si costruiscono piscine nel giardino di casa e non le usano perché pensano sia una perdita di tempo, o appena mettono un piede in acqua vengono colti dal “senso di colpa contadino” e si mettono a tagliare il prato solo per lenire il senso di inadeguatezza al relax e sentirsi produttivi.

Mia nonna Giovanna era così. 

Non era un’imprenditrice, era quella che al tempo si definirebbe una grande lavoratrice e aveva questa attenzione all’azione sempre e comunque.

Tanto che mia madre quando sapeva che mia nonna ci veniva a trovare, faceva le pulizie di Pasqua dalla settimana prima e per l’intera settimana invece di accomodarsi sul divano normalmente – se esiste un modo normale di stare sul sofà - si sedeva in punta di cuscino pronta a scattare a “fare qualcosa”.

Chiedeva “coma va il lavoro?” dalle 10 alle 15 volte a visita e aveva una tensione all’azione che trasmetteva a tutti solo con la sua presenza.

Se non eri impegnato esattamente in quel momento a fare qualcosa voleva dire che non avevi voglia di fare nulla in generale.

Non tutti i quadri escono con il buco, questo è uno dei primi concetti da avere ben chiaro.

Non tutto ciò che un artista ha prodotto era necessario, non tutti i quadri che ha fatto sono dei capolavori, non tutti gli artisti hanno vissuto belle esistenze.

Da imprenditore mi porrei questa domanda tutti i giorni: 

“Ma io esattamente come voglio vivere?”

“Perché agisco?” e più in dettaglio “Questo progetto o questa iniziativa è davvero necessaria, è destinata a fare della mia idea un capolavoro da museo o sarà solo un piccolo bozzetto da appendere nel garage della mia attività?”

Comprendere quale siano le azioni di valore su cui focalizzarci e avere la consapevolezza reale della propria organizzazione permette di porci un’ulteriore domanda: “A chi delegare ?”.

Uno dei desideri più forti per un imprenditore – avendone intervistati diversi – è avere tempo per sé stessi.

In realtà alcuni rispondono in questo modo per cliché, perché come la canzone di Colapesce e Dimartino recita “Ma io lavoro, per non stare con te preferisco il rumore delle metro affollate. A quelle del mare” trovano nel lavoro un rifugio e conoscono questa dimensione meglio di tutte le altre e si trovano molto più a loro agio sotto la pressione operativa che in altri contesti, in altri casi invece laddove il desiderio è reale si pone un altro dilemma: “Chi può farlo se non meglio, almeno come lo faccio io?”

Sviluppare l’abilità di riconoscere quale siano le persone giuste da scegliere e di seguito delegare loro gran parte delle attività da compiere è uno dei requisiti principali a cui un imprenditore dovrebbe anelare per realizzare il suo desiderio di incrementare il suo patrimonio di ore libere nell’arco della giornata.

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